21 Settembre 2018

Siria: l'Occidente e l'accordo di Idlib

Siria: l'Occidente e l'accordo di Idlib
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L’accordo tra Russia e Turchia su Idlib potrebbe rappresentare la pagina conclusiva della guerra siriana. Condizionale d’obbligo, dal momento che tante sono le variabili in corso.

Idlib e gli appelli umanitari

In attesa degli sviluppi, riteniamo interessante riproporre alcune considerazioni di Jonathan Steele scritte per il Guardian del 21 settembre in un articolo sulla questione di Idlib e sulla “campagna mediatica” montata per evitare un intervento militare russo-siriano nella regione.

Nodo che si è chiuso, almeno sembra, con l’accordo turco-russo (Piccolenote).  Tanti e accorati gli appelli spesi per denunciare le tragiche conseguenze per la popolazione civile se l’operazione militare di Mosca e Damasco avesse preso corpo.

L’intervento è stato evitato, appunto, con l’intesa di cui sopra, ma a quanto pare l’Occidente e i suoi alleati non ne hanno ancora preso atto. Da qui certa incertezza, come traspare dall’articolo di Steele.

Ma seguiamo il cronista britannico: “Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, insieme alle monarchie arabe del Golfo, sono state profondamente coinvolte nella guerra civile siriana da quando la rivolta contro Assad è stata militarizzata nel 2012”.

“Esse hanno aiutato e finanziato gruppi di combattenti ribelli, compresi gli estremisti jihadisti. La richiesta di cessate il fuoco è un espediente per aiutare i ribelli piuttosto che i civili, che essi governano spesso in modo brutale”.

Le richieste di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, volte a impedire la campagna su Idlib, prosegue Steele, non nascono dunque solo da motivi umanitari, ma “sono macchiate da motivazioni meno onorevoli”.

“Esse sono infatti concepite per ritardare il successo che l’esercito siriano e i suoi alleati russi stanno per raggiungere riconquistando il controllo dell’ultima regione ribelle nel cuore della Siria”.

Le responsabilità dell’Occidente

Steele ne ha anche per gli elmetti bianchi, organizzazione umanitaria che è diventata una sorta di ambito angelico creato per denunciare e riparare i danni procurati dal brutale Assad. Tale organizzazione, peraltro, è stata al centro di questa campagna mediatica, come di altre simili in passato.

Con cenno fugace, ma più che significativo, Steele annota che i “White Helmets sono ancora sul libro paga britannico, francese e statunitense“. Da qui la loro implicita funzionalità agli scopi dei loro finanziatori.

“Sarà difficile per i governi occidentali accettare che Assad abbia vinto – spiega Steele – dopo sette anni in cui ne hanno chiesto le dimissioni. Sarà difficile anche accettare che l’intervento russo ha contribuito a far finire la guerra”.

“I governi occidentali hanno una parziale responsabilità per la carneficina” siriana, conclude Steele. Però, prendendo una giusta decisione su Idlib, essi “possono iniziare a fare ammenda”.

Sulla “parziale responsabilità” dell’Occidente ci sarebbe da scrivere. Tutto sta nell’interpretazione della cosiddetta “rivolta siriana”, da cui ha avuto inizio la guerra.

Per Steele, come per altri, fu autentica, libera e repressa. Quindi una guerra civile deragliata poi in altro.

Altri analisti non hanno visto tale cambiamento. La rivolta, come accaduto in Libia alcuni mesi prima, fu alimentata dalle stesse potenze che poi, non a caso, sono intervenute in maniera più o meno occulta nel conflitto.

Ci torneremo, perché non si tratta solo di diverse interpretazioni di una storia, della storia, ma è tema cruciale. Ad oggi ci fermiamo qui.

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