4 Dicembre 2017

L'Angelo di Harlem

di Massimo Quattrucci
L'Angelo di Harlem
Tempo di lettura: 3 minuti

Sono una pazza a desiderarti,

a volere un amore che non può essere vero,

sono una pazza a volerti trattenere.

Più volte ho detto che ti avrei lasciato,

più volte mi sono allontanata

ma poi veniva sempre il momento che avevo bisogno di te

e ancora una volta devo dirti queste parole.

Sono una pazza a desiderarti,

ma tu abbi pietà di me,

non posso stare a lungo

senza te.

 

Questa è musica per chi ama sentire la vita scorrere intensa tra note e voce. Questa è la musica di Billie Holiday, una delle più belle ed emozionanti voci del ‘900.

Tra jazz, soul e blues, Billie è una che ha vissuto con intensità e drammaticità la sua non lunghissima vita.

Figlia di un sedicenne suonatore di banjo e di una ballerina altrettanto giovane, Billie nacque a Filadelfia nel 1915 ed ebbe un’infanzia davvero non facile. Iniziò molto presto a lavorare: pulizie, ballo, prostituzione.

Non aveva ancora quattordici anni e il per suo immenso amore per la musica chiese di non venire pagata in cambio dell’autorizzazione ad ascoltare dischi nel fonografo del salotto del bordello.

Ma già a quindici anni, dopo un paio di arresti e qualche settimana passata in prigione, Billie iniziò a cantare nei club di Harlem.

E la sua voce non passò inosservata. In breve tempo conobbe e diventò amica di alcuni dei più grandi e famosi musicisti del tempo: Benny Goodman, Lester Young, Count Basie, Artie Shaw, Louis Armstrong, Miles Davis.

Soprannominata dalle sue colleghe Lady (la Signora) perché si rifiutava di ricevere le mance dei clienti direttamente nelle calze durante le esibizioni, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi con musicisti bianchi.

Portava sempre una gardenia bianca tra i capelli nerissimi e aveva occhi scuri e vivi. Billie era bellissima e molto desiderata. Ma  la vita non le era semplice e iniziò ben presto ad assumere droghe, sempre più pesanti, e a bere.

Nonostante questo i suoi concerti erano sempre meravigliosi, intensi, emozionanti. Dopo essere stata ritrovata incosciente nel suo appartamento di New York, morì nel 1959, due giorni dopo aver ricevuto l’estrema unzione da un sacerdote cattolico.

Billie Holiday nella sua autobiografia La signora canta il blues parla così del suo modo di cantare: «La gente mi chiede sempre qual è il mio stile, da cosa è derivato, e tutte quelle domande lì, ma io non so mai cosa dire».

«Quando ti capita una melodia con dentro qualche cosa, non c’è affatto bisogno di seguire tanti stili, la senti e basta, e mentre tu la canti anche gli altri sentono qualcosa».

«A me non serve stare lì tanto a rimuginare, a far prove su prove e arrangiamenti: se una canzone mi tocca da vicino, non c’è mai bisogno di lavoro. Ci sono canzoni che ho vissuto subito e quando le canto ogni volta le rivivo come la prima volta, e le amo».

Come esempio perfetto di questo sentire l’emozione, la vita dentro una canzone, invito ad ascoltare la meravigliosa I’m fool to want you (scritta da Frank Sinatra), tratta da uno dei suoi lavori più belli, Lady in satin del 1958 (qualche mese prima della morte), dove l’angelo di Harlem canta accompagnata dalla meravigliosa orchestra di Ray Ellis.

Angel of Harlem è la canzone che gli U2 hanno dedicato a Billie Holiday nel 1988 pubblicata su Rattle and Hum.Recita così: «Luce blu sul viale, Dio sa che ti hanno offerto un bicchiere vuoto. La signora canta, ha gli occhi gonfi come punti da un’ape».

«Accecata, ha perso la tua strada per le vie traverse ed i vicoli. Un angelo nei panni del diavolo, salvezza dalla tristezza. Non sei mai sembrata un angelo. Sì, sì, angelo di Harlem. Amore nell’anima, Lady day ha occhi di diamante che vede la verità dietro le bugie».

 

I’m fool to want you, Billie Holiday – I’m fool to want you, Frank Sinatra – I’m fool to want you, Chet Baker – I’m fool to want you, Tom Jones – Angel of Harlem, U2

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