I Rimedi di Gabriella Ferri
“So’ stato carcerato pe’n capriccio”: inizia così un anonimo stornello romanesco d’altri tempi. Tempi passati eppure un po’ attuali, dato che parla di “stare dentro”, per indicare la pena “der capriccio”, condizione che, mutatis mutandis, è stata nostra per mesi nei tempi duri del Lockdown, per una sorta di capriccio del destino chiamato coronavirus. Non cercato, né causato da una nostra azione, ma comunque, come nel cenno dello stornello, inesorabile.
Quello stornello è stato reso famoso dalla voce di Gabriella Ferri, nel suo bellissimo Canto de’ malavita, quando ancora certo attuale moralismo non faceva guardare il carcere solo come un luogo di meritata punizione, ma anche di dolore cui partecipare con la compassione del caso (visitare i carcerati era e resta opera di misericordia corporale per il cristianesimo).
Come commuove, com’è stato (ed è) anche nostro, il bellissimo ritornello, cantato con un filo di voce appena sussurrato che poi s’impenna in un crescendo quasi urlato. Un grido che si alza oltre il soffitto, oltre le finestre e i tetti e diventa canto a più voci, come un coro.
Viene dal cuore, da quello di Gabriella, come per ognuna delle sue canzoni. Voce che sa essere forte, intensa, dolce: “E mo’ sto dentro, comme te posso ama’?”.
È il 1974 e il brano viene inserito da Gabriella Ferri in un LP dal titolo: Remedios (Rimedi). Un album singolare e bello come il titolo, che su un lato conteneva canzoni romanesche e sull’altro latinoamericane: i due amori di Gabriella Ferri, Roma e l’America del Sud.
In quest’ultima ebbe grande successo già nel finire degli anni ’60 grazie a Ti regalo gli occhi miei, tradotto in lingua spagnola, che le regalò la possibilità di fare diversi concerti in quei Paesi e, insieme, una celebrità ignota ad altri cantanti, italiani e non.
“Rimedi” uscì dopo l’11 settembre del 1973, cioè dopo il tragico colpo di Stato di Pinochet in Cile che cambiò quel Continente e il mondo. Non è un caso che Gabriella, dopo quel tragico evento, dedichi metà del suo disco alla sua amata America latina.
Né che in quel disco volle inserire anche Grazie alla vita di Violeta Parra, la canzone che parlò al mondo, in modo unico e irripetibile, della tragedia cilena.
Un Lp particolarmente felice, dato che conteneva altri brani bellissimi, tra i quali Nina si voi dormite, una delle canzoni romane più belle di tutti i tempi, e Dormi pupo dorce, dove Gabriella, con la dolcezza, la tranquillità e la pazienza delle nostre mamme, ci esorta, senza mai stancarsi, ad addormentarci, ad acquietarci tra le sue tenere braccia.
Canto de’ malavita
So’ stato carcerato pe ‘n capriccio
perché portavo ‘n berta ‘n cortellaccio
scontrai la corte e me piovò de piccio:
“Fermo, sta fermo là! Fermo crevaccio!”
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
Me misero a li piedi ‘n grosso impiccio
centocinquanta libbre de feraccio
m’ammanettorno co’ le castagnole
e me portorno a le carceri nove.
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’
E mo’ sto dentro, comme te posso ama’