14 Febbraio 2013

Gustave Courbet, Mer à Palavas

Gustave Courbet, Mer à Palavas
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Per molti questo quadro sarà una rivelazione. Non è un’opera che si è molto vista e anche il suo autore Gustave Courbet, pur avendo avuto un’importanza decisiva nel cambiare la storia della pittura a metà ‘800, non è nel novero delle star. Courbet era un uomo di montagna, nato a Ornans, un paesino del Jura francese. Aveva la struttura umana del contadino, abituato a conquistarsi la vita zolla per zolla. Quando approdò a Parigi non nascose mai le sue simpatie rivoluzionarie, schierandosi per la famosa Comune e pagando a caro prezzo poi questa sua adesione. Ma Courbet non aveva nulla né di modaiolo né di intellettualistico. Era un artista di terra: e proprio questa sua “matrice” lo portò a svecchiare in modo decisivo la storia della pittura, all’insegna di un realismo (nel senso di amore, anzi attrazione, per la realtà), che mandava definitivamente in pensione tutta la pittura di accademia e di storia. Non è un caso che tutti gli impressionisti guardassero a lui come a un padre o precursore.

Un certo giorno a questo artista di montagna accadde di scoprire il mare. Era andato nel sud della Francia, a Palavas. Era il 1854. E a lui abituato a dipingere non grandi panorami ma angoli stretti e segreti delle sue valli, venne d’istinto di dipingere un quadro dall’orizzonte illimitato. Lo avesse fatto un romantico della generazione venuta prima di lui ne sarebbe venuto fuori un quadro pieno di panico o di inquietudine: basti pensare  a quell’immagine divenuta tanto celebre di Caspar David Friedrich in cui un uomo guarda dall’alto di un picco un mare tempestoso e portatore di sciagure (dal successo di certe immagini si potrebbe misurare il non buono stato di salute del mondo…).

Courbet ha tutto un altro sguardo. Verrebbe da dire che la piccolezza dell’uomo su quell’ultima lingua di terra è proporzionale al suo stupore. Per lui il mare è uno spettacolo inatteso, meraviglioso; una di quelle cose che uno non finirebbe mai di guardare. Con la mano sventola un fazzoletto, ma non ci sono navi all’orizzonte: quindi più che un gesto di saluto verrebbe da spiegarlo come un gesto di giubilo per quello spettacolo stupendo che si distende davanti a lui. Courbet dipinge la sabbia, le onde, l’acqua prima chiara poi via via più scura come se la materia sulla tela volesse rendere la consistenza concreta di quella vista (quasi volesse restituirci anche l’odore del mare). Nella metà superiore della tela invece “libera” l’azzurro tenue e insieme vastissimo del cielo, come un grande respiro di cui riempirsi occhi e polmoni.

È un quadro dipinto da uno che vuol bene al mondo, verrebbe da dire. Da uno che non sente neanche lontanamente la realtà come nemica. Per questo Courbet è un pittore che non si può non amare.

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