15 Novembre 2025

Cisgiordania: l'orrore attuale e la catastrofe incombente

di Davide Malacaria
Cisgiordania: l'orrore attuale e la catastrofe incombente
Tempo di lettura: 5 minuti

La violenza che si sta abbattendo sulla Cisgiordania inizia a emergere sui media, sia perché il genocidio di Gaza fa meno notizia, sia perché l’aggressività israeliana verso i palestinesi in parte (e solo in parte) sedata a Gaza, si sta riversando con più accanimento di prima in Cisgiordania.

Infine, è la stagione del raccolto delle olive, che per i palestinesi è vitale per la sussistenza, e le aggressioni hanno lo scopo di impedirne la raccolta. Non è certo un caso che “il raccolto delle olive di quest’anno non supererà le 10.000 tonnellate, meno di un decimo della media dell’ultimo decennio”, come recita un sottotitolo di Haaretz.

'Palestinian Farmers Are Fighting to Survive' Drought and Settler Violence Make 2025 West Bank Olive Harvest Worst in Living Memory

Alla violenza dei coloni in Cisgiordania è dedicato l’editoriale di ieri di Haaretz. Riportiamo: “Anche se in realtà si tratta solo di una minoranza, poche decine di coloni ebrei [in realtà, centinaia ndr] che stanno distruggendo uliveti, aggredendone i coltivatori, incendiando case, automobili e moschee e cacciando le comunità dalle loro case, il loro operato è impressionante”.

“L’esercito ha registrato in media più di due attacchi al giorno; più di otto al giorno in ottobre; mentre secondo un’analisi approfondita dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari sono stati più di quattro al giorno nel periodo dal 4 al 10 novembre e circa 15 al giorno secondo i dati del Dipartimento per gli affari negoziali dell’OLP”.

Israel's Violent Jewish Settlers Are Neither Marginal nor a Handful

“Quest’ultimo elenco, a differenza di quello dell’agenzia delle Nazioni Unite, non comprende solo gli attacchi che hanno provocato vittime, il furto di olive o rami segati. Il fatto è che, per i palestinesi, anche una marcia minacciosa di pochi israeliani armati e mascherati, con al seguito una mandria di mucche e un fuoristrada, diretta verso una sorgente, un boschetto o un accampamento di tende palestinesi, o nei pressi delle case che sorgono nelle periferie di una comunità, rappresenta una terrificante aggressione. Lo scopo, come quello degli attacchi sanguinari, è quello di sfrattare le persone dalle loro terre perché vi si eriga un altro orgoglioso insediamento ebraico”.

“Definire questi casi anomali e marginali è una sfacciata menzogna: una manciata di teppisti non sarebbe stata in grado di sfollare quasi 60 comunità palestinesi dal 2022, secondo l’organizzazione Kerem Navot – 44 delle quali dall’ottobre 2023, secondo B’Tselem. Pochi facinorosi non sarebbero stati in grado di prendere il controllo, da soli, di circa 200.000 acri di terra in Cisgiordania entro la fine del 2024, secondo uno studio di Kerem Navot e Peace Now”.

“In realtà, ci sono organizzazioni che hanno acquistato le mandrie di mucche e di pecore per distribuirle alle giovani coppie che vanno a scalare le montagne per stabilirvisi. Ci sono istituzioni che forniscono strutture e sicurezza. C’è un governo che fornisce quad e droni, una forza di polizia che ripetutamente fallisce nell’individuare i sospettati e un esercito che arma gli abitanti degli avamposti e li protegge durante le incursioni nei villaggi vicini”.

“Se all’improvviso si parla di qualche mela marcia è solo perché alcuni canali televisivi hanno rotto il silenzio e trasmesso un piccolo campione dei video che immortalano la violenza ebraica e circolano liberamente sui social media”.

In realtà, le aggressioni contro i civili palestinesi sono solo una frazione della violenza che Israele sta esercitando sulla Cisgiordania in altre forme, come ad esempio le barriere erette per impedirne la libera circolazione, con strade sbarrate da cancelli che si aprono e chiudono ad arbitrio dell’IDF, o le arbitrarie uccisioni di civili (ad esempio i due bambini uccisi il 13 novembre dai soldati).

E che lo scopo delle aggressioni in Cisgiordania sia quello di cacciare i residenti per accaparrarsi le loro terre è evidente dalle decisioni prese alla luce del sole al più alto livello delle autorità israeliane.

Così il titolo del Timesofisrael: “Pubblicati nel 2025 i bandi di gara per un numero record di unità abitative negli insediamenti della Cisgiordania”. Questo il sottotitolo: “Una volta aggiudicati i bandi, saranno costruite circa 5.667 unità abitative che ospiteranno 25.000 residenti; il massimo precedente è stato registrato nel 2018, quando sono stati pubblicati bandi per poco più di 3.800 case”.

Tenders for record number of West Bank settlement housing units published in 2025

Tutto ciò non c’entra nulla né col 7 ottobre né con Hamas, ma con quanto ha fatto Israele dall’8 ottobre in poi, cioè avviare una campagna volta alla pulizia etnica dei palestinesi per realizzare la Grande Israele messianica.

Follia religiosa che, nella sua declinazione laica, vede nella Grande Israele la rampa di lancio per fare di Tel Aviv la potenza egemone del Medio oriente, prospettiva da realizzarsi con la subordinazione dei Paesi della regione a Israele tramite gli accordi di Abramo, ai quali tali Stati sono chiamati ad aderire volenti o nolenti (l’unico Paese non invitato è l’Iran, che dovrà essere invece annichilito in un modo o nell’altro). Ciò spiega l’adesione alla follia religiosa di cui sopra, alla quale sono alieni, di tanti esponenti dell’establishment ebraico internazionale.

Nella prospettiva della Grande Israele, il futuro dei palestinesi della Cisgiordania  sarà simile a quello dei gazawi. Ma, a differenza di quanto si è consumato a Gaza, prevede una tempistica più diluita e una attuazione meno dirompente, anche se non meno sanguinaria.

A meno che… ecco a meno che le diuturne aggressioni non facciano scattare una reazione dirompente, qualcosa di simile al 7 ottobre. Lo paventano diversi cronisti israeliani e non riusciamo a fugare il sospetto che l’attuale violenza abbia proprio tale scopo.

Peraltro, un allarme in tal senso è stato lanciato pubblicamente dal Consiglio Yesha, al quale afferiscono la colonie ebraiche della Cisgiordania. Lo scrive Amos Harel su Haaretz, dettagliando che “ci sono scenari più specifici [rispetto al 7 ottobre], come un tentativo palestinese di accerchiare un insediamento e assaltarlo a seguito di violenti incidenti […]. Il Comando Centrale, che ha notevolmente rafforzato la difesa degli insediamenti, ha simulato tali scenari in un’esercitazione di questa settimana”.

A Few Lost Boys? Jewish Terrorism in the West Bank Has a Clear Plan

Così il “terrorismo ebraico”, o “Ku Klux Klan ebraico” che dir si voglia (riprendiamo sempre da Harel), appare prodromico a una tragedia di più ampia portata. Potrebbe cioè aprire le porte alla soluzione finale dei palestinesi, e di tutti i palestinesi. Le Cancellerie occidentali sono pienamente consapevoli di tale rischio. Il loro silenzio parla per loro.

 

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